di Massimo Dalla Torre
Ha aperto ufficialmente i battenti nel pomeriggio di ieri a Campobasso, anche se, e questo appartiene al mistero buffo, nel pomeriggio di oggi ci sarà la conferenza stampa di presentazione e alle 18.30 la reinaugurazione, valli a capire… la mostra dedicata alle opere del Prof. Amedeo Trivisonno considerato uno dei sommi dell’arte freschista Italiana.
Esposizione che ha visto, almeno ieri, l’assenza totale delle istituzioni, abbiamo scritto con la i minuscola volutamente, forse perché impegnate in altra location portatrice di voti, visto che fra qualche mese saremo chiamati alle urne. Scenario come per altri avvenimenti di spicco, leggasi mostra su De Chirico, Picasso, Marotta, ecc.. la GIL o GI come molti vorrebbero in quanto la L di littorio è poco appropriata per i tempi che corrono, che già presenta le crepe nonostante sia stata riattata non molti anni fa e rappresenti un esempio di archeologia architettonica di un era più o meno felice per la nostra Nazione.
Nel corso della presentazione della mostra da parte della dott.ssa Nella Rescigno curatrice con altri studiosi dell’esposizione, è stata sottolineata che la scelta di realizzare uno spazio dedicato ad Amedeo Trivisonno nasce dalla volontà di riportare all’attenzione del pubblico, la figura, le opere da cavaletto e i cartoni di proprietà della famiglia dell’artista novantenne scomparso nel 2005. Opere che si spera non vadano disperse o rinchiuse in casse come fino a questo momento se non addirittura abbandonate alle intemperie, perché rappresentano una parte fondamentale della storia dell’arte regionale e nazionale.
La mostra si legge nelle note di presentazione, il cui leit motiv e’ Il Segno e il Colore” punta l’attenzione su quello che è unanimemente considerato il tratto caratteristico del percorso artistico: l’essere un freschista di mestiere, attivo per committenze in buona parte ecclesiastica, pienamente consapevole del suo operare controcorrente in un secolo che ha visto i grandi artisti smontare e sradicare il linguaggio tecnico e formale tradizionale… Lui invece parte dalla forma e dalla tecnica dell’arte classica per ricoprire le pareti e i soffitti delle chiese di grandi figure e storie tratte dalle Sacre Scritture e dalle Vite dei Santi.
Attraverso l’esposizione dei bellissimi disegni, bozzetti e soprattutto cartoni preparatori appartenenti alla collezione, s’intende ricostruire non solo il fare arte attraverso un linguaggio formale dando corpo alla tecnica e alla materia. Il tentativo, è quello di ricomporre il percorso, dal bozzetto al cartone preparatorio, che anticipa e porta all’opera finale riprodotta sulle mura delle più importanti chiese della regione, tra queste ricordiamo il ciclo pittorico della Madonna dei monti, di Sant’Antonio Abate, della Madonna della Croce, della Cattedrale, del Convitto Nazionale Mario Pagano, oltre che altre testimonianze in numerosi Paesi del Molise, Oratino, San Giovanni in Galdo, Sepino, Baranello, Cantalupo, Venafro, Colle D’Anchise, S. Giuliano del Sannio, Fossalto, S. Elia a Pianisi, e tre affreschi realizzati in Egitto e in altre chiese fuori regione Serracapriola, Cerignola, Benevento, Sassinoro, Castel di Sangro, Pollutri, San Marco in Lamis, Morcone e Milano.
Un percorso ricostruito esponendo non solo i disegni originali, ma utilizzando anche le più recenti tecnologie per scoprire e conoscere i dubbi, le variazioni, i ripensamenti che segnano la lunga strada che va dall’idea all’opera finale. Il tutto imperniato su due elementi: la forza del disegno e la qualità del colore. Elementi che, da sempre, dialogano e s’ intersecano nella storia dell’arte. Il primo, inteso come atto artistico che dà visibilità e materia all’Idea, ponendo la realtà oltre il tempo, in quell’eternità che è il tempo di Dio, dell’Essere Eterno. Il secondo la cui forza espressiva è fondamentale per rendere potente e forte il racconto Sacro. Punto di forza dell’esposizione forme di disegno e opere grafiche: schizzi, studi, bozzetti acquerellati, cartoni preparatori: ognuno ha un ruolo nel lungo processo creativo che porta all’opera finale.
Opere frutto di un lavoro intimo, realizzato su fogli grezzi spesso riciclati che danno un’impressione di non finito, d’incompleto, relegando questi elementi al ruolo di comparsa rispetto all’opera finale. In realtà essi non solo hanno un valore individuale formale e artistico, ma sono parti fondamentali, tasselli unici e preziosi di quel processo creativo che rappresentano la vera opera d’arte. Di qui la scelta di esporre il maggior numero e varietà di elementi grafici, in modo da offrire al visitatore uno sguardo d’insieme del processo artistico, compreso la possibilità di visionare l’opera finale, contestualizzata nel contenitore per la quale, era stata pensata, grazie all’utilizzo di strumentazioni e prodotti multimediali.
L’esposizione si compendia con un apparato didattico che accompagna il visitatore alla scoperta e conoscenza delle tecniche artistiche e materiali utilizzate che spaziano dalla creazione delle emulsioni per i colori alle varie e complesse fasi che portano alla realizzazione dell’affresco finale.. Il quale, sprigiona forza e carattere ma anche dolcezza e amore che difficilmente oggi si riscontra nell’arte moderna, spesso espressione di freddezza e di sconvolgimento intimo. Sensazioni che mettono in antitesi la visione dell’opera non sempre compresa dal visitatore che, sfuggevolmente, si ferma a guardarla non comprendendone il significato.