Domenica 29 Dicembre 2024 il Vescovo Mons. Biagio Colaianni ha celebrato l’apertura dell’anno giubilare con la apertura della Porta Santa presso la Cattedrale di Campobasso. Riportiamo la sua omelia.
DEBITORI E CREDITORI DI SPERANZA
Il pellegrino è il viandante della speranza o con altra definizione è lo straniero, è colui che
si mette in cammino spiritualmente perché si sente forestiero, estraneo di sé, e si pone in
cammino per ritrovare se stesso e il suo senso di vita, per ridarsi speranza e rinnovarsi. Il
pellegrinaggio della speranza sarà voler incontrare Dio, riflettere sulla propria vita cristiana,
e le proprie relazioni, mettendosi dinanzi a Lui e confrontarsi con sé stessi nell’ascolto della
sua Parola. Il Vangelo ascoltato ci dice che Maria e Giuseppe sono angosciati pensando di
aver perso Gesù e lo cercano sperando di ritrovarlo. Gesù invece è seduto nel tempio, in mezzo
ai maestri dove il Padre lo chiama ad insegnare perché gli uomini si aprano all’intelligenza
delle scritture, nella speranza che lo accolgano e riconoscano, pieni di stupore, come maestro
di vita e Messia Salvatore. È il pellegrinaggio di Gesù nella storia del suo popolo per
realizzare e dare corpo alla loro speranza di salvezza.
Essere pellegrino sarà attraversare la porta della chiesa giubilare per vivere la conversione
attraverso l’abbraccio misericordioso del Padre, non siamo condannati e inchiodati ai nostri
peccati, la speranza del perdono è Grazia offerta a tutti, nessuno escluso. Confessando i nostri
peccati, Dio ci accoglie nel suo cuore e nella sua chiesa e uniti ai nostri cari defunti, con la
nostra preghiera, dona loro indulgenza.
Siamo pellegrini dietro la Croce di Cristo perché con l’offerta della sua vita ci ha donato la
salvezza e in ogni eucaristia, facendone memoria, essa ci è data, se siamo aperti alla speranza
certa che si riattualizzi oggi per ognuno di noi. La croce è àncora di salvezza ed è gloriosa.
La famiglia è il luogo della speranza, questo ci dice oggi la I lettura della liturgia circa la
famiglia di Elkanà e Anna, Dio feconda la loro speranza e fedeltà nella preghiera di avere un
figlio, Samuele. Per noi, oggi, la famiglia aperta alla speranza può essere il luogo di un amore
solido che cresca, che generi la vita, per sempre. Luogo in cui i figli realizzino la loro vita
nella serenità e felicità, in cui i genitori, anche anziani, abbiano la possibilità di continuare ad
essere dono. Che la famiglia sia luogo di accoglienza, di riferimento, di comunione e unità!
Col battesimo, di cui abbiamo fatto memoria, siamo nati alla fede, abbiamo ricevuto il dono
dello Spirito Santo che sostiene, rinnova e fortifica la speranza.
L’Evangelista Giovanni
nella II lettura dice: “Carissimi noi fin d’ora siamo figli di Dio” la nostra speranza è “che
quando egli si sarà manifestato noi saremo simili a lui perché lo vedremo così come egli è”
… “In questo conosciamo che egli rimane in noi: dallo Spirito che ci è dato.”.
Il Giubileo è per tutti, di tutti, in ogni diocesi, universale e cattolico perché dice unità e
comunione, annuncio di una chiesa che ha cura costante e amore per tutti i suoi figli. Iniziando
dagli ultimi, dai poveri, che sempre sono aperti alla speranza che Dio, attraverso i fratelli,
ponga su di loro il suo sguardo benevolo e li risollevi per una condizione di vita più dignitosa.
Gesù che è nato è pellegrino nel mondo, dona speranza e vita, e nel tempo, crescendo, si
farà dono di salvezza e misericordia. Diventerà speranza concreta per ogni generazione e oggi,
apre a noi il tempo del nuovo anno caratterizzato dalla sua presenza, è l’Emmanuele. Chi si
lascerà incontrare per camminare con Lui, aprirà la porta del cuore, della propria storia e
quella dell’umanità intera alla Speranza e accadrà che in ogni tipo di povertà, precarietà,
sofferenza o difficoltà di vita, entrerà la Luce di Cristo perché ogni tenebra sia dispersa. Noi
poggiamo la nostra Speranza, il nostro impegno di vita, il nostro servizio ai fratelli su Gesù
Cristo, speranza incarnata nella nostra umanità ed in ogni donna e uomo che lo accoglie.
La speranza è l’Emmanuele, il Dio con noi. Nessun dubbio, nessuna titubanza, ‘la speranza
non delude’, produrrà frutti di bene se accolta, se non la facciamo morire dove è attesa e il
povero grida e la invoca.
Noi i segni della speranza se incontriamo le solitudini di chi è messo ai margini, di chi è
frustrato non potendo badare a sé e alla propria famiglia nella dignità di un lavoro sicuro. Noi
siamo segno se consoliamo e sosteniamo chi prova il fallimento e la delusione di progetti non
realizzati, di affetti non duraturi e stabili, di chi non conosce cosa siano accoglienza e
solidarietà aperte ad un progetto futuro.
Quante volte l’affermazione ‘non abbiamo speranza che le cose cambino’, il mondo va
così, non possiamo fare nulla, quanta sfiducia e pessimismo, rinuncia a lottare e conquistare
il futuro e creare avvenire. Invece, non possiamo abdicare e rinunciare alla speranza, a
rinascere a vita migliore, non possiamo morire dentro, nelle relazioni, nelle difficoltà
dell’impegno sociale che a volte delude.
Il Papa nell’omelia di apertura del Giubileo ha detto che “Questo è il nostro compito:
tradurre la speranza nelle diverse situazioni della vita … è la promessa del Signore da
accogliere qui, ora, in questa terra che soffre e che geme. Essa ci chiede perciò di non
indugiare, di non trascinarci nelle abitudini, di non sostare nelle mediocrità e nella pigrizia
…”. Allora Sia questo il nostro pellegrinaggio della speranza, pellegrini lì dove abitiamo, in
famiglia, al lavoro, nelle relazioni amicali e sociali, lì ci conduce il Signore con la vita
cristiana per annunciare e testimoniare la speranza.
La speranza non è passività, stasi, sedersi e attendere il miracolo. È costruire una chiesa e
una società nella quale la speranza è attuata, diventa realtà nella quale i fratelli guardano con
fiducia al futuro, pensano, dialogano, ma assieme, facendo il bene comune, per tutti.
Comunità di pellegrini, chiesa pellegrinante in cammino, anche nella fatica e rinuncia di sé
stessi, ma nella comunione e pace tra noi e ogni persona.
La speranza è attesa degli ammalati del nostro visitarli, del nostro diventare pellegrini nel
loro dolore e farci compagni della consolazione di Dio, anche operando ognuno per suo
compito e responsabilità, per una sanità che sia risanata e dia speranza di cure adeguate.
La speranza è attesa dei giovani che vanno incoraggiati per aprirli al futuro in cui porre le
basi per la loro realizzazione, perché non subentri lo scoraggiamento e abbandono che li porta
a lasciare per sempre le proprie case e la propria terra.
La speranza è attesa degli anziani di non essere dimenticati, ma valorizzati per la loro
esperienza e sapienza di vita, sono ancora possibile risorsa di amore ed aiuto dei figli e nipoti.
La famiglia incarna la speranza e la traduce nel costruire una comunità di persone capace
di affrontare la vita nella comunione e unità di generazioni diverse.
La speranza è responsabilità verso gli altri, non è un fatto individuale, personale sì, ma
comunitario. La mia testimonianza coinvolge inevitabilmente e comunque coloro che
incontro e mi abitano accanto. Nella speranza è insito e compreso il dono di sé stessi all’altro
e in particolare a chi è nel bisogno, diversamente è rifiuto, non esiste la neutralità!
La gioia caratterizza la speranza, la anticipa, la colma, la fraternità gioiosa la sostanzia, la
bellezza di ogni accoglienza e inclusione la rende visibile perché apre a costruire un futuro di
serenità. La speranza desiderosa di gioia infrange ogni guerra, contrapposizione e violenza
creando la pace, bisogna crederci e volerlo, veramente ‘la speranza non delude”.
Debitori e creditori di speranza con Dio e gli uomini. Il Papa ha invitato a rimettere il
debito pubblico dei paesi più poveri o in disgrazia, Ognuno di noi sani il debito di amore verso
il prossimo e si riconcili in situazioni difficili e di incomprensione, di lotta verbale e non solo.
Paghi il debito della mancata attenzione e aiuto verso coloro che chiedono e gridano giustizia
per retribuzioni eque e rispondenti al proprio lavoro, rispetto delle proprie capacità nel
produrre economia per il paese. Siamo debitori per gli sguardi indifferenti verso chi è nel
disagio e nella solitudine, perché isolati e ritenuti lo scarto dal perbenismo sociale e anche
dall’intimismo religioso cristiano. Siamo debitori verso chi ha sbagliato e chiede perdono, a
cui dovremmo misericordia e riconciliazione, secondo la legge e la riparazione, diversamente
per Dio che perdona incondizionatamente per ogni pentimento, così come fa con noi. Nel
Giubileo della speranza gli ultimi sono nostri creditori dell’amore di Dio e della fraternità
umana.
La speranza è Grazia di Dio a noi data e che richiede di essere seminata lì dove c’è chiusura
perché possa sbocciare e portare frutto.
Apriamoci alla speranza perché abiti nella nostra vita!
Osiamo il coraggio della speranza.
Maria Madre di Speranza dei cristiani interceda per noi e Dio che desidera realizzarla per i
pellegrini giubilari ascolti la nostra preghiera!
A noi tutti buon Cammino Giubilare della Speranza.
Mons. Biagio Colaianni
Arcivescovo Metropolita di Campobasso-Bojano