di Massimo Dalla Torre
La popolazione europea invecchia sempre di più. Questo fenomeno, conosciuto come “invecchiamento demografico”, interessa la società nel suo insieme e ha ripercussioni su tutte le generazioni. Questo è l’allarme contenuto nel libro verde della Commissione europea che invitava i Paesi dell’Unione ad un dibattito affinché si affrontasse il problema del cambiamento strutturale della popolazione europea.
Lo studio, inoltre, pose in evidenza come l’invecchiamento demografico è causato essenzialmente da tre fattori: calo della fertilità, aumento della speranza di vita e diminuzione della cosiddetta generazione dei baby-boom. Fattori che si legano a doppio filo ad alcuni parametri specifici quali: la dimensione in cui si vive, la natura, la vita familiare e la vita pubblica. Sulla base di questi dati si stimò che la popolazione totale dell’Ue sarebbe aumentata molto poco nei prossimi 20 anni tant’è che gradatamente inizierà a diminuire.
Gli europei passeranno da 458 a 469,5 milioni, per poi diminuire nuovamente a 468,7 milioni nel 2030. In direzione opposta andranno invece gli Stati Uniti, che aumenteranno del 25,6%, evidenziando in questo modo i contrasti demografici dell’Ue a 27. Negative le previsioni anche per la Bulgaria e la Romania che mostravano uno sviluppo pari a quello della Croazia anche se in quell’area la Turchia era in leggera ripresa con il 25% della popolazione. Degli Stati più popolosi solo Regno Unito che ora non fa più parte dell’UE e la Francia hanno assistito ad un aumento che toccherà la sua punta massima nel 2050.
In molti paesi europei, il tasso di natalità, destinato a calare per i prossimi 30 anni, sarà compensato dai flussi migratori. Tra i dieci paesi nel mondo con i tassi più bassi di popolazione, quattro sono gli Stati che sono al vertice: Repubblica ceca (1,17), Slovacchia (1,2), Slovenia (1,22) e Bulgaria (1,24). Per quanto riguarda il nostro Paese, la Spagna, la Germania e la Polonia il tasso di fertilità è inferiore 1,3 figli, contro il livello necessario per sostituire la popolazione che dovrebbe essere di 2,1.
Aumenta anche la speranza di vita che dal 1960 ad oggi si è prolungata di cinque anni per le donne e quasi quattro anni per gli uomini. Il numero dei lavoratori più anziani, quelli compresi nella fascia di età tra i 55 e i 64 anni crescerà di 24 milioni, mentre gli ultra ottantenni passeranno dagli attuali 18,8 milioni a 34,7. Discorso differente invece, per la popolazione di età tra i 15 e i 64 anni che scenderà del 6,8% con un indice di dipendenza demografica totale che passerà dal 49% al 66%.
Numeri che evidenziano come la cosiddetta “prosperità” è direttamente connessa agli standard di vita tanto da subire un’influenza dall’invecchiamento della popolazione. Fattori che incidono pesantemente sul tasso annuale di sviluppo potenziale del PIL europeo che è destinato a scendere dall’attuale 2-2,25% all’1,5% – 1,25% il che comporta conseguenze economiche e sociali per tutti i gruppi d’età in special modo per le nuove generazioni che in questo modo dovranno cercare alternative valide altrimenti nel giro di pochi decenni saranno costrette a cedere il passo all’incertezza e alla desertificazione sia sociale che materiale.