Alla Fondazione “Giovanni Paolo II” una innovativa metodica per la riparare la valvola mitralica

Nonostante gli enormi progressi ottenuti in campo diagnostico e terapeutico, le malattie cardiovascolari restano ancora la prima causa di morte. L’Organizzazione Mondiale della Sanità prevede che questo dato resterà invariato fino al 2020. Il significativo aumento della vita media darà origine a una popolazione sempre più vecchia, inevitabilmente composta da un numero sempre maggiore di soggetti cardiopatici affetti da patologie via via più complesse.  In questa situazione, il progresso tecnologico diventa di cruciale importanza.   Alla Fondazione “Giovanni Paolo II” di Campobasso è stato eseguito un intervento mini invasivo particolarmente innovativo per riparare la valvola mitralica, la cui funzione è quella di regolare il flusso sanguigno e impedire che il sangue, durante la contrazione ventricolare, sia spinto indietro nell’atrio sinistro. Il meccanismo si sviluppa attraverso particolari corde tendinee che regolano il movimento in modo che i due lembi combacino perfettamente durante la chiusura, impedendo il rigurgito del sangue. Se il sistema non funziona correttamente è necessario un approccio chirurgico che normalmente richiede un intervento a “cuore aperto” e l’ausilio della macchina “cuore-polmone” per mantenere attiva la respirazione e la circolazione sanguigna.

Questa innovativa metodica mini-invasiva praticata alla Cattolica di Campobasso viene eseguita a cuore battente a senza circolazione extracorporea con l’utilizzo di un grande ago ed una mini-corda.

La procedura prevede una mini-incisione nel torace laterale di circa 5 cm e l’introduzione di un device capace di impiantare a livello dei lembi mitralici una o più corde di “gore-tex”, un materiale speciale che con il tempo assume l’aspetto delle corde naturali del cuore. L’intervento è stato eseguito su una paziente molisana di 83 anni con il sistema NeoChord DS1000, sotto guida ecocardiografica trans-esofagea 3D e 4D. Questo ha permesso di stabilire la lunghezza ideale della corda. L’esito è stato positivo e dopo pochi giorni di degenza la paziente è stata dimessa.

Questo approccio è indicato per persone compromesse, o con caratteristiche anatomiche particolari; il taglio e l’assenza di circolazione extra-corporea garantiscono una ripresa veloce e un impatto biologico minimo. E’ possibile trattare anche pazienti altrimenti inoperabili o ad alto rischio.

L’intervento è stato eseguito dal dottor Carlo Maria De Filippo, Direttore del Dipartimento di Malattie Cardiovascolari della Fondazione, era presente, come ospite, anche il professor Giovanni Speziali, Assistant Professor presso l’Università di Pittsburgh, co-inventore della tecnica ad oggi utilizzata in pochi centri al mondo. “Per le patologie valvolari,” spiega De Filippo “garantiamo un percorso multidisciplinare completo sul modello della “clinica delle valvole” istituita dal professor Massimo  Massetti, Direttore dell’Area Cardio-Vascolare del Policlinico “Gemelli” di Roma, con cui abbiamo una costante collaborazione”.

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