Anche quest’anno Campobasso avrebbe dovuto rinnovare e di conseguenza onorare questa giornata in cui ufficialmente entra il carnevale e si accedono i falò. I quali, si palesano attraverso la festa dedicata a Sant’Antonio Abate che, secondo la leggenda che riportiamo, attingendo le fonti dal sito internet dell’ “Associazione Centro Storico”… viveva nel deserto insieme con un maialino che lo seguiva dappertutto; là, ogni giorno vinceva con i più svariati trucchi le tentazioni del diavolo. Ebbene, la leggenda dice che, allora non esisteva il fuoco sulla terra e gli uomini soffrivano un gran freddo. Dopo aver discusso a lungo, i governatori della terra inviarono una delegazione, dove viveva sant’Antonio per pregarlo di procurare il fuoco. Il vecchio santo, impietosito, si recò col suo fedele maialino all’inferno, dove le fiamme ardevano giorno e notte, bussando all’immenso portone. Quando i diavoli videro che il visitatore era il santo, il loro peggior nemico che non riuscivano a vincere, gli impedirono di entrare. Il maialino nel frattempo si era intrufolato rapidamente, nella città diabolica. La bestiolina cominciò a scorrazzare facendo danni dappertutto: dopo aver tentato inutilmente di catturarla, i diavoli si recarono da sant’Antonio pregandolo di scendere all’inferno per riprendersi il maialino. L’eremita, che non aspettava altro, si recò nel regno dei dannati con il suo inseparabile bastone a forma di tau. Durante il viaggio di risalita in compagnia del maialino fece prendere fuoco al bastone sicché, giunto sulla terra, poté accendere una grande catasta di legna offrendo così il primo e sospirato fuoco all’umanità. E’ per questo che il vecchio santo della lunga barba bianca viene raffigurato di solito con il suo bastone a forma di tau, un maialino ai piedi e in mano la fiammella del fuoco.
Ecco perché il giorno della festa gli uomini accendono dappertutto dei grandi falò”. Festa che nel capoluogo di regione avrebbe dovuto trovare la sua apoteosi oggi non solo nella chiesa prospiciente una delle sei porte d’accesso alla città ma soprattutto sul sagrato dove per secoli si è acceso fuoco e benedetto gli animali, un tempo da cortile. Ritualità che potrebbe ripetersi, almeno questo è quello che hanno fatto sapere gli abitanti del quartiere, scongiurando le “distonie” che avrebbero indotto a non celebrare il Santo, cosa che ha fatto indispettire i Campobassani veri, che da giorni manifestano il proprio dissenso sulle pagine dei giornali locali e sui social network. Dissenso all’indirizzo di chi si occupa da sempre allestire i festeggiamenti che caratterizzano la giornata di metà gennaio, allietata da canti, suoni, manifestazioni gastronomiche e soprattutto riti devozionali cattolico/cristiani.
Celebrazione che invece è stata rinviata a data da stabilire, questo è quello che si legge sulla locandina posta all’ingresso della Chiesa dedicata al Santo, il che non è accettabile, specialmente se la scusa è data dalle avversità meteorologiche che hanno visto e vedono abbondanti nevicate interessare il capoluogo di regione. Avversità che non sono nuove per Campobasso anche perché, l’anno scorso nevicò tanto da far dire a chi è legato alle tradizioni che “Sant’Antonio aveva rinvigorito la barba bianca”. Il tutto collegato all’accensione dei fuochi invernali, che sono un rito pagano che si ripete da secoli e simboleggia la funzione purificatrice, gli effetti magici dell’allontanamento delle streghe, degli spiriti invernali, dei morti, delle malattie quale espressione dell’ardore delle passioni gesti propiziatori contro le tentazioni. In quest’ambito che si sarebbe dovuta sviluppare la ricorrenza che affonda le radici nel lontano 1600 anche se gli studiosi e soprattutto i cultori della storia locale sono sicuri che e’ molto più antica. Manifestazione tra il sacro e il profano che vuol essere un tributo a quello che e’ la tradizione che vede annualmente raccogliere gente attorno al fuoco che, proprio perché tale, non si spegne con le prime luci dell’alba del 18 gennaio ma rimane acceso dentro a dimostrazione che la campobassanità che onora il santo è radicata nel popolo.
Cosa che riporta alla mente gestualità che sono quasi del tutto scomparse perché l’incongruenza dell’attuale non permette assolutamente di apprezzarne la valenza e di conseguenza il significato che, proprio perché tale, si rinnova ogni qualvolta arriva il 17 gennaio chiamando a raccolta l’intera comunità cittadina con la speranza che le fiamme purificatrici facciano svanire le contrarietà che rappresentano uno dei lati deleteri della società odierna.
Massimo Dalla Torre