C’era una volta… una legge emanata nel lontano 23 ottobre 1960, la n.1369: titolata“ Divieto di intermediazione ed interposizione nelle prestazioni di lavoro e nuova disciplina dell’impiego di manodopera”.
Poi i sapienti, politici, economisti, e legislatori s’ inventarono una novità di grande rilievo abolirono quella normativa che dal 1961 aveva sempre punito severamente il reato di intermediazione illecita di manodopera e introdussero il dlgs n. 8 del 15 gennaio 2016, che depenalizza il reato di intermediazione illecita di manodopera negli appalti e nella somministrazione di lavoro, introducendo il malcostume di gare al massimo ribasso, che hanno preso piede in tutti i settori, compreso il comparto socio-sanitario ed educativo, con lo scopo di pesare sulle tasche dei lavoratori e incidere sulla qualità dei servizi.
E’ stato appena rinnovato il contratto da Fp Cgil, Cisl Fp, Fisascat Cisl, Uil Fpl, Uil Tucs che non solo non tutela i lavoratori ma gli leva ogni speranza di guardare ad un’ipotesi di ingresso nel pubblico, inoltre, non copre gli aumenti dovuti all’inflazione ed è un regalo alle cooperative, e non ai lavoratori, in vista dell’esternalizzazione di altri pezzi di sanità.
Il comparto socio-educativo, socio-assistenziale e sanitario è caratterizzato da una forte presenza di cooperative che partecipano alle gare degli enti locali per offrire servizi ai cittadini, nessuno di noi, ad esempio, entrando in una struttura sanitaria riesce a distinguere se l’operatore che ci assiste in quel momento è un dipendente della struttura ospedaliera o di cooperativa.
L’introduzione delle gare al massimo ribasso ha determinato una forte pressione sugli incassi delle cooperative, incidendo negativamente sugli stipendi dei lavoratori, oltre che sulle condizioni di lavoro.
Si tratta di un meccanismo perverso le cooperative si sono trasformate in una grande trappola per i lavoratori, e abbiamo così nello stesso posto di lavoro lavoratori di serie A e lavoratori di serie B con le medesime funzioni e le stesse mansioni, ma con pesanti disparità salariali e di diritti.
Il rinnovo del contratto siglato da Cgil, Cisl e Uil non è stato in grado di sanare le diversità; anzi, gli aumenti non hanno colmato l’inflazione ed ho l’impressione che l’intesa sia stata siglata più per agevolare le cooperative nella prospettiva di una maggiore esternalizzazione della sanità che non per tutelare i lavoratori.
Questo meccanismo non solo non serve a migliorare la situazione delle casse pubbliche, ma spesso è proprio li che si potrebbero annidare focolai di tangenti, di certo, il sistema degli appalti non riesce a garantire né la qualità dei servizi né tanto meno adeguate condizioni di lavoro, spesso costa allo Stato più di quanto il datore di lavoro pubblico spenderebbe avendo gli stessi dipendenti all’interno.
Serve una politica di internalizzazione dei servizi in appalto, inoltre il CCNL maggiormente usato nel settore, nonostante gli aumenti, continua a essere uno dei contratti simbolo del lavoro povero.
La questione è di assoluto rilievo, riguarda oltre 400mila lavoratori, e tocca da vicino i servizi ai cittadini.
Servono paghe dignitose e il riconoscimento delle professionalità, si parla di retribuzioni bassissime che non arrivano neanche a 7,00 euro, meno della soglia del tanto auspicato salario minimo.
Negli ultimi anni gli enti locali non hanno fatto altro che tagliare sulla sanità, occorre controllare su come i soldi vengono spesi e sul futuro aumento della domanda di assistenza, magari riportando la sanità ad un unico gestore nazionale. Con un unico ufficio acquisti.
C’è un progressivo aumento della domanda di servizi assistenziali a causa dell’ invecchiamento progressivo della popolazione e per via dell’aumento del numero di persone con disabilità, senza riuscire effettivamente a rispondere alla domanda crescente dei servizi assistenziali.
Per non parlare delle diversità fra Nord e Sud che finiranno con l’essere accentuate dall’autonomia differenziata.
Alfredo Magnifico