Lavoro/ Un Primo Maggio non basta più

Il mondo del lavoro non riesco più a decifrarlo, c’è chi vuole lavorare di meno e chi vuole lavorare di più e meglio, un sindacato di piazza e uno di governo, Cgil-Uil e Cisl festeggiano insieme il Primo Maggio, ma non sono mai stati così divisi tra loro. La Cgil di Maurizio Landini ha lanciato una campagna referendaria in quattro quesiti contro Jobs Act, contratti a termine e appalti, mentre la Cisl di Luigi Sbarra la definisce «anacronistica, e lancia la compartecipazione. Nell’ultimo anno i posti fissi sono 600mila in più, quelli a tempo determinato 200mila in meno.

Giorgia Meloni per il secondo anno di fila prova a rubare la scena del Primo Maggio ai sindacati con un “pacchetto lavoro” che contiene, tra le varie cose, un “Super Bonus” del 120% di deduzione per chi assume a tempo indeterminato.

Una misura fuori dal tempo e sconveniente come per l’attuale governo è stato il bonus del 110 del precedente, che rischia di essere un grande regalo a chi avrebbe comunque assunto in un momento in cui le aziende tendono a tenersi stretta una forza lavoro sempre più in via di estinzione. È una replica mal – destra dello scorso Primo Maggio, quando la Meloni varò un decreto per abolire i paletti sui contratti a termine del decreto dignità grillino, mentre i contratti a termine calavano a picco.

Slogan politici, nuove leggi e norme da abolire, come se il lavoro, soprattutto quello «buono», si creasse per legge, o le politiche attive potessero funzionare all’improvviso creando o cancellando i navigator. Slogan elettorali che rincorrono vecchie categorie, polvere negli occhi, le esigenze di lavoratori e imprese cambiano al di là di quello che si dirà o non si dirà nella sala stampa di Palazzo Chigi o dal palco di Monfalcone.

Dopo la pandemia, è esplosa la discussione sul lavoro; Intelligenza artificiale, Smart Working, Great Resignation, Quiet Quitting, Great Reshaping, wellbeing, fino alla settimana corta, lavoro ibrido ecc. tutta una serie di teorizzazioni astruse per etichettare il lavoro, e poi ci rendevamo conto che l’etichetta precedente non era più valida e ne compariva subito un’altra, mai concetti che prevedono che ci svegliamo tutti i giorni e riceviamo chi più chi meno, un bonifico a fine mese.

Gli ultimi «alieni» sono i lavoratori della Gen Z, (ventenni) sempre più rari per il calo demografico, con cui bisogna «saper parlare”,mentre il più delle volte, si finisce per criticarli. Ristoratori e Albergatori che si lamentano di non trovare personale ma li vorrebbero in appalto o sub appalto a cooperative che pagano 5-6 euro a ora ma puntano il dito e dicono che non hanno voglia di sacrificarsi o che arrivano tardi al lavoro, per cui si continua a lavorare senza troppa voglia in ruoli che si ritengono insoddisfacenti perché non si riesce a trovare qualcosa di meglio.

Un mondo del lavoro che non si capisce più,non c’è più il lavoro, ma i lavori, una moltiplicazione dei contratti, ci sono quelli che vorrebbero lavorare meno e quelli che vorrebbero lavorare di più, quelli che si possono dimettere e quelli che considerano un miraggio anche un contrattino, donne che non vengono assunte perché incinte e quelle che hanno il nido aziendale, quelli che lavorano mentre fanno il giro della Sicilia in bici e quelli che devono presentarsi in ufficio ogni giorno perché il capo li vuole vedere lì, quelli che fanno i milioni con video di pochi secondi su TikTok e quelli che stanno otto ore in fabbrica per meno di 1.500 euro al mese obaraccopoli di braccianti a tre euro ora,dai lavori manuali tutt’altro che innovativi che fanno perdere la vita a troppi lavoratori e macchine dotate di sensori di ultima generazione.

Da un lato si lamenta la carenza di competenze e manodopera dall’altro ci sono aziende che assumono e licenziano le stesse persone nel giro di pochi mesi perché non «avevano fatto bene i conti, molte restano sotto staffate e vivono di compressione dei costi, di superlavoro e della buona volontà dei dipendenti.

I partiti di governo annunciano baldanzosi di aver «abolito il precariato», che nel mercato del lavoro va tutto bene dopo aver eliminato il reddito di cittadinanza, è vero che i contratti a tempo indeterminato sono schizzati in alto come mai prima d’ora, di certo non per effetto di una legge, ma è anche vero che i precari storici con contratti a termine da oltre cinque anni sono in aumento, spesso sono laureati e part-time involontari, ma pure tra i full time le cose non vanno meglio, ci sono ancora pochissime posizioni alte e solo il 9% ha un salario sopra i 40mila euro lordi annui. Le opposizioni si battono per un salario minimo che serve, ma non basta indicare una cifra dall’alto e dividersi in tifoserie.

Il mercato del lavoro dovrebbe funzionare con regole certe, anche se lentamente sono state smantellate tutte le certezze con una gara tra destra e sinistra a chi riusciva con più maestria a regalare ai ricchi fottendo i poveri, poi vai nei convegni e leggi i comunicati stampa dove spopolano parole; come purpose, retention, attraction, reskilling, upskilling, mismatch,astrusità che chi sta a una pressa o sulle impalcature gliene può fregare di meno.

La fantasia impera e le notizie false (Fake) ancora di più l’imprenditore che offre duemila euro al mese ma non trova camerieri, l’ex manager che ha mollato il lavoro in ufficio per darsi alla campagna, le aziende che sperimentano le settimane corte, le grandi dimissioni, i pro e i contro il salario minimo, i pro e i contro lo smart working. Di Concerti del Primo Maggio non ne basta uno ora ce ne sono, ormai, due: quello di Roma e quello di Taranto, un lavoro solo non basta più, figuriamoci se basta un solo concerto. W. il primo Maggio, buona festa dei lavoratori! W. San Giuseppe Lavoratore, solo un miracolo tuo ci può salvare

Alfredo Magnifico

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